Il Futurismo: Alberto Bragaglia

Mostre organizzate da Hermes Studio d'Arte per Alberto Bragaglia in Roma, Frosinone e Foligno.
In Sicilia è stata allestita in Cefalù dall'Associazione I Vastasi di Vicolo Saraceni. [vedi la mostra in Archivio]


CONFESSIONE DI FEDE ARTISTICA
La compenetrazione partecipe dei problemi d'un gusto novatore creativo, pubblicamente attendibile per vocazione e reattività, non è moda passeggera o sofisticata tendenza di gruppi isolati: ma lucida accoglienza delle aspettazioni pubbliche nello spirito del nostro tempo. 
Dopo oltre mezzo secolo, ci avviamo alle coscienti concludenze delle innovazioni nel campo figurativamente realistico e nell'impianto ultrafigurale del gestire spaziale, plasticatore, degli organismi strutturali e inquadrature d’insiemi artefatti, o simulati fittiziamente. Per la problematica inventrice, che staglia e contorna le immagini rappresentate, e per la presentazione degli apparati, emergono soprattutto le analogie vitali dei motivi tematizzanti, d'ispirazione interiore. Soltanto tuffandoci daccapo nella concreta interezza del mondo umano - contrassegnato peculiarmente - recuperiamo la globale unità delle ricongiunte sfere spirituali, e l'autonoma forza portante delle complessive riordinazioni formali. 
Mentre, invece, certe contrastanti e divergenti posizioni d'una critica d'arte, ancora estetizzante, tuttavia insistono nelle teoriche di un’arte formalmente pura, equivocata come analisi dei coefficienti «astratti», avulsi dalla necessaria nuova sinteticità organizzativa e riordinatrice  della forma.
Invero, la realtà, come ci è data, non si oppone ad ulteriori novatrici realizzazioni, operanti nella POESIA VISIVA, che quindi ne sorpassa i limiti fisici.
Questo esito io prevedevo (fin dal 1919) prospettando e proponendo concludentemente il riordinamento d'una plasticazione specializzatrice, policroma e luminosa («Policromia spaziale astratta», vedi in «Cronache d'attualità» - 1919), di composti organismi: appunto estraendo dalla mimesi passiva e da estranei programmi - (che ormai scorgiamo vivamente concretarsi nei risultati raggiunti del rinnovamento in corso - sappiamo come si elevino a pretta misura d'attualità, e valida forma d'arte, talune privilegiate manifestazioni della operatività fattizia e costruttiva, artigiana ed industriale; le quali trasformano le cose (oltre la squallida prassi) ed insieme ci informano poeticamente, circa altri significati interiori: connessi agli elementari rapporti sensoriali, ed instaurati contesti, delle complessive composizioni organizzanti l’ordinata produttività tettonico-plastica totale. Che è talora condizionata da esigenze circostanziali di progetto, programma, destinazione: rivelantisi, però, generatrici, indirettamente, di fattezze ed aspetti inesemplati nella natura e società esterne, per risultati probantl (ancora inediti) perché conformi al pensiero, che si rinnova vitalmente. 
Codesta attività strutturante, compositoriale ed esornativa, debitamente congegnata e attrezzata, altresì, per l’apparatura dimostrativa e narrativa (non soltanto speciosa o decorativisticamente insignificante, come si ritiene) arriva, attraverso il generale disegno, alla sincera scrittura personale «stilistica» e «d'epoca». 
E pertanto, risulta coordinata al proposto fine: complessivamente comunicativo d'un appello o messaggio, umanamente esplicito, reso accessibile ai sensi.
La felice sortita finalistica globale, il buon esito delle attivazioni plastiche e strutturalistiche operanti superfiguralmente, convalidano - per la congrua interpretazione artistica - le degne e dotate entrinsecazioni qualitative: anche rispetto alla programmazione fungibile, da illustrare e mostrare alla ammirata contemplatività fruitrice, penetrativa del senso riposto, e dei coerenti risultati spettacolari d'insieme, posti in opera.
Qualsiasi riscontro - mimetico o retorico -, cede alla singolarità degli apparati e ordinamenti, raggiunta senza previo modello o esempio fisico diretto preesistente. 
E la impressionistica o realistica «copie conforme» delle parvenze fenomeniche esteriori [o la subordinata strumentazione], cede alla creatività di complessioni plastiche, innovate tettonicamente, oppure con intenti di rappresentativa iconografia strettamente figurale, anziché decorativistica, in quanto si appella alla vita interiore dello spirito umano. 
Pure, nel farsi storico dell'esistenza, con il fissare in immagini il realmente esistenziato, però se ne ripensano le esperite connotazioni: perseguendo la rinnovabile intenzionalità attivistica, oltre il ripetuto recupero retrospettivo di precise esperienze emotive e mentali. di culture precedenti. 
Così pure accade nel configurare l’inesemplato, per fatticità impreviste innaturali, talché vi riferiamo, vi confermiamo ed assegnamo urgenti caratteri, ben nostri, sino a raggiungere l'Arte: anche quando venga promossa ed occasionata dalla fabrilità architettonica, edilizia, macchinistica e strumentabile: che almeno si protenda a sorpassare i limiti obbligati, pratici ed utilitari, della vita ordinaria. 
Comunque, i motivati incentivi ideatori della invenzione più che formale, ne costituiscono la contenenza culturale moralmente valida: se non aggiunge qualche più libera e giustificata essenzialità umanistica. 
Ma è proprio necessario e opportuno, forse, accusare le tante moderne sperimentazioni ultraformali, sedicenti astratte o superfigurative, di vuotaggine ideale e vanità ornamentalistica? L'essenziale sta nell’esprimersi all'uopo.
E in ciò, ora, scorgiamo la convergente méta della ricerca moderna: dove l'intento preminente consiste nell'affrontare le difficili nuove correlazioni vitali, per emergere, peculiarmente specificandosi, nella foggia adatta dettata da concezioni prettamente visionarie. 
Già la distribuita apparatura, cosi detta decorativa, di singoli ambienti a ciò strutturati, assume per sé il carattere dell'ufficio cui è destinata secondo le situazioni previste, pur senza doverne accogliere o respingere tutte le istanze, materiali e contenutistiche, da plasmare organicamente. 
Anche nell'ambito della tradizionale pittura e scultura «figurativa le trame compositorie e le sagomature iconiche delineate, costruiscono gli insiemi prevalentemente posizionali, per instaurare strutturate combinazioni efficienti, con rimarcate qualifiche espresse nel tono e nel taglio, e aderenze tipicamente caratteristiche locali, e occasionali, cioè illustrative dei contenuti esprimibili. 
Viceversa, dall'intimo, a loro volta le arti tettonico-figurative-decorative, mentre assecondano il pertinente significato-contenuto, gli conferiscono una autonoma configurazione [non sempre mimetica di aspetti naturali o stereometrici colla propria organizzata presenza fisica, materiale e formale: salvo la continuità di risorse ed espedienti di manipolazione tecnica, nel pertinente discorso delle discipline apposite, dove contano le ragioni della civiltà industriale e della sua evoluzione continua.
L'arte però sopravvive dove (benché ora si accentui l'obbedienza ai criteri di fabbricazione o destinazione realizzatrice predisposta) la conformazione materica non soffochi l'espressione spirituale acconcia. Le proposizioni convergenti di tutta l'indagine costitutiva organica di opere originali, non impediscono peraltro i ritorni e le conversioni legittime della generale figuratività alla rappresentazione specificatamente evocatrice (oltreché suggestiva d'altro): seppure il vantato realismo qui soggiace al parallelo sviluppo «fotogenico», della presa diretta documentaria e meccanica. 
E‘ doveroso ricordare il Maestro, Giacomo Balla, che precorse tanta parte del duplice movimento «superfigurale» del dinamismo plastico o «velocità in astratto» sino a costrutti tettonico-decorativi e simbolico-reclamistici: né gli si può rimproverare il persistere di un tenace legame con la tradizione particolare, donde emergeva, al suo tempo. 
(Questi sono miei ricordi del lontano 1912!).
Ma poi, viene da domandarsi, le Arti hanno percorso tanta strada ? 
Non credo che il materialismo imperante, per le difficoltà mondiali cresciute dopo le guerre, possa soffocare quegli spunti ardimentosi e sinceri, da sviluppare rigorosamente, superando la figurazione documentaria.
 La pretta intenzionalità idealmente trasfiguratrice delle incombenze e occasioni pratiche, dovrà riemergere dal malcostume: quando gli affari lo consentiranno, e il libero pensiero prevarrà sui torbidi condizionamenti odierni. 
Solo i chiari specificati intenti, tuttavia diversi dalla prassi, creano i valori adeguati al momento,- aderendo alla tematica compositoriale pertinente, d'ordine poetico espressivo, nel raffigurare la vita o nel foggiare, stilandone le fattezze, cose artefatte, con modalità appropriate all'impulso energetico della propria estrinsecazione, secondando cioè lo spirito animatore che le informa.
ALBERTO BRAGAGLIA
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I FOGLI MERAVIGLlOSl DI ALBERTO BRAGAGLIA
Caratteristica della pittura contemporanea, vista nella prospettiva della conoscenza e della diffusione delle immagini, sembra ormai talmente dipendente dalle tecniche propagandistiche che è quasi inconcepibile pensare ad una esposizione delle opere di un pittore valido senza aver predisposto un bagaglio pubblicitario, senza aver per lungo tempo organizzato la valutazione su annuari e pubblicazioni.  Ecco perché ci commuove, oggi, il fatto di poter vedere queste pitture di Alberto Bragaglia fresche, vive, inventate, estremamente moderne e scoprire che hanno date lontane o recenti, che si snodano quasi nell'arco di 50 anni.  Alberto Bragaglia è forse il meno noto della famiglia che con questo nome si è autorevolmente inserita nel mondo culturale, che va dal futurismo fino alle recenti opere dello ancor giovane regista Leonardo Bragaglia, scrittore e saggista.  Nei lunghi anni della sua vita Alberto Bragaglia ha alternato il suo lavoro di docente con quello di scrittore, di fedele consigliere e di collaboratore col fratello Anton Giulio, ed infine con questa sua quasi segreta passione per la pittura.  Ma egli non è ne’ uno scrittore né un filosofo che dipinge, ma piuttosto un autentico pittore che nella sua vita ha trovato il modo di fare altre cose.  Testimonianze delle nostre parole, sono, non solo la qualità delle opere, ma anche forse la quantità cioè la documentazione di un attento e costante lavorare proprio della pittura professionista.  Inoltre lo dimostrano i suoi «esperimenti» che vanno dalle composizioni neoclassiche alle strutture cubiste, per ritornare poi alle tavole fantasiose che, selezionate, compongono la struttura di questa interessante esposizione.
Sarebbe troppo semplicistico definire «astratte» le opere di Alberto Bragaglia e neppure ci piace incasellarle nello «spazio» futurista o neofuturista, chè troppo sono personali queste visioni-gioco, queste composizioni oniriche da mostri classici che non si vedono, la decorazione dello scudo di un guerriero l'isolamento del particolare nel muoversi di un velo di danzatrice. Ed infine questa costante ricerca tonale, la fusione del pastello, questi ritmi grafici dolcissimi, che tuttavia in alcuni momenti raggiungono la forza e la violenza della gestualità.  Si potrebbe domandare ad Alberto Bragaglia perché ha atteso tanti anni per mostrare i suoi lavori. Ma la risposta è nella natura dell'uomo stesso, questo uomo filosofo, e geniale, poliedrico nelle sue manifestazioni a cui forse è sembrato sempre troppo facile tutto ciò che veniva facendo.  Negli anni dell’età avanzata, quando il cerchio degli interessi si spiritualizza, Alberto Bragaglia riprende in mano i suoi fogli colorati, le sue tempera, i suoi pastelli, per mostrarli agli amici che li guardano meravigliati ed incantati.  Da qui nasce l’idea di questra mostra, la nostra cosciente decisione di presentare un vero, autentico e modernissimo artista al pubblico, alla critica ed ai collezionisti. 
TONI BONAVITA
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L'idea creativa è simile all'anello di una catena che, congiunto ad un altro e ad un altro ancora, consente di avvicinarsi al mistero (della vita) e, pertanto, alla possibile comprensione di esso. 
Ogni oggetto possiede una propria multilateralità che trova riscontro. senza dubbio, nell'essenza di ognuno di noi congiungendo il «materiale» e lo «psichico». L'essere umano più fisicamente dotato, in determinate circostanze, si trova nella necessità di una maggiorazione ulteriore delle proprie doti (specie nell'epoca nella quale viviamo, ma l'artista esprime la sua epoca nella sua interezza, anche se talora la precorre). L'essere umano può, senza adontarsene, far uso di strumenti che potenziano le sue possibilità visive, uditive, ecc.; mezzi che sono alla sua portata e a sua disposizione. Per far si che il fruitore non neghi immediatamente una idea creativa di difficile accettazione occorrerà che egli sia fornito dei mezzi necessari idonei per arrivare a tale traguardo: la comprensione. Un suo eventuale rifiuto, non sarà un rifiuto solo di principio e dovuto solo a dei pregiudizi. Non è inutile ricordare che anche una manifestazione a «negativa» (di ripulsa) è per sempre una sensazione che l'opera artistica è stata capace di suscitare, senza dubbio migliore dell'indifferenza o dell'apatica accettazione per abitudine a certi determinati schemi che hanno finito per atrofizzare ogni spinta in avanti del fruitore. Proviamo ad esaminare i quadri di Alberto Bragaglia da queste varie angolazioni: osserviamo i mezzi espressivi e tecnici di cui si serve per arrivare al significato intimo, filosofico, razionale e pure estremamente poetico, e ne conseguirà un incentivo che ci arricchirà nel campo della conoscenza. 
Come negli anni trascorsi, lo Studio Hermes si propone di non concedere nulla alle mode e a vari «ismi» nel corso della stagione 1974-75. 
Propone l'opera di Alberto Bragaglia come atto di omaggio all’Artista e al Pensatore e gli esprime un sentito ringraziamento per la concessione delle opere in esposizione. 
LAURA MICELI
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ALBERTO BRAGAGLIA, MIO PADRE
Dei quattro figli del popolare «Sor Checchine» (l'avvocato Francesco Bragaglia sindaco di Frosinone negli anni Venti, e fondatore della Cines di cui divenne in seguito il direttore amministrativo), soltanto Alberto è rimasto in un suo volontario clima d'ombra. 
Anton Giulio, autosoprannominato «il coràgo sublime», divenne autore di molti studi sul teatro scenografico, visivo tutto da vedere, la cui unica ispirazione fu il fratello Alberto (così come i fratelli ed Arturo fecero per lui tutti gli esperimenti per la rivelazione del «fotodinamismo»); Carlo Ludovico e Arturo conobbero una loro fortuna cinematografica. 
Alberto, il quale pure aveva collaborato fin da giovinetto a riviste e quotidiani specializzati, che pure aveva esposto molti suoi originalissimi dipinti della così detta «policromia spaziale astratta» (sua pure la geniale definizione), dopo poco si dedicò all'insegnamento ed alla filosofia, pur non smettendo mai di scrivere di dipingere, e di occuparsi, anche ufficialmente in giornali e riviste delle sue due passioni fondamentali: la pittura astratta, e la filosofia.
In casa, Alberto Bragaglia tappezzava letteralmente le pareti delle sue opere, e, per la verità, più volte era accaduto che visitatori, amici e non, lo stimolassero, lo invitassero ad esporre.
Ma Alberto Bragaglia era irremovibile. 
Cos'era accaduto? 
Dopo le lotte esclusiviste degli ingrati fratelli, egli si era come chiuso in se stesso.
Era diventato diffidente, inoltre, dopo i clamorosi «plagi».
Sembrava proprio non volesse più apparire, né, tanto meno, «competere». 
Chi scrive è suo figlio.
Crescendo in questo tesissimo ambiente familiare, appresi i «retroscena» che, del resto, mezza Roma intellettuale conosceva (a cominciare da Silvio D'Amico che invitò mio padre a curare la voce «Scenografia» della sua «Enciclopedia dello Spettacolo» sentendosi rivolgere un rifiuto netto e preciso, anche per non «disturbare» il fratello maggiore), il «sospetto» si impadronì di me morbosamente.
Da allora, nacque in me il desiderio di conoscere tutta la verità su questo delicatissimo segreto di famiglia. 
E mi misi a leggere tutti gli scritti di mio padre, confrontandoli poi con alcune pubblicazioni firmate da A. G. B.; mi misi a ricercare negli sgabuzzini tutti i vecchi rotoli dei disegni di papà; interrogai, con grande rispetto e circospezione, mio padre. 
Non risparmiai gli stessi zii. 
Uno di loro arrivò a dirmi: «Cosa vuoi? mi chiedevano articoli, mi chiedevano libri... e io non gliela facevo... Cosa dovevo fare?... Pubblicavo quello che tuo padre mi passava...».
Gli fu promesso, almeno, il riconoscimento di certe priorità. ma poi tutto fu ritratto, ogni promessa non fu mantenuta, e tutto venne ingoiato dalla invenzione di un «Mostro sacro» di cartapesta che, col tempo, nel culto delle fanatiche feticiste orfane e sterili, assorbì ogni cosa uscita dalla mente di un Bragaglia.
Fortuna volle che questo «Mostro» fosse morto prima della pubblicazione dei miei studi sul teatro!
Avrebbe, sicuramente, assimilato anche quello.
Ma torniamo ad Alberto Bragaglia, mio padre.
Nato a Frosinone, il 26 gennaio 1896, da Francesco Bragaglia, avvocato, e da Maria Tassi Visconti, mio padre, fece - a differenza dei tre fratelli maggiori - studi regolari: elementari, ginnasio, liceo classico, università per le facoltà (con relative lauree) in giurisprudenza, in lettere e filosofia. 
Fin dai tempi del Liceo aveva frequentato gli studi di Balla e di Boccioni. Era diventato «vice» di Curzio Malaparte e di Ardengo Soffici. 
Aveva esposto, al «Bragaglia fuori commercio», alla Casa d'Arte Bragaglia, fin dai vent’anni (1916). 
Collaborava a periodici, settimanali e quotidiani. 
Ancora per un programma degli «Indipendenti», A. G. B. vantando la «vasta cultura», la «genialità» ecc. del fratello Alberto, poteva asserire che il fratello gli stava accanto. 
«Ci è vicino in spirito», diceva pressappoco il fratello maggiore. 
Altro che in spirito! 
Le lettere delle quali siamo in possesso, parlano chiarissimamente della «presenza» di Alberto Bragaglia. 
Una «presenza» fondamentale ed indispensabile.
Egli fu il teorico di tutto quel movimento. 
Le sue pitture, poi - che qui maggiormente ci interessano - furono boicottate in maniera volgare. 
Ora, cinquant'anni dopo, riproporle sarà, per lo meno, interessante: esse sono, intanto, una dimostrazione pratica della «policromia spaziale astratta» e l’illustrazione di molte altre teorie del «teatro teatrale» e di altri esperimenti scenografici e illuministici.
Ma la Mostra non è improntata a queste mie polemiche e rivalutazioni di famiglia. 
Ben altre, infatti, le «rivendicazioni» che potrebbero partire appunto da questa Mostra.
Intanto, occhio alle date.
Le prime esposizioni, ed i primi relativi dipinti (alcuni dei quali qui presenti) portano le date dal 1916 in poi. 
Ai dipinti astratti, fanno paio le fantasie scenografiche, anch’esse anteriori al 1920. 
A tutta l'opera pittorica fa poi riscontro la lunga teoria di saggi, di studi, di articoli che integrano questa personalità «isolata» della nostra cultura. 
Questo dovevo, dunque, da una parte a mio padre, dall’altra al mondo stesso dell’Arte. 
LEONARDO BRAGAGLlA