Come uno specchio di cristallo fino
La prima versione, intitolata l’Angelo Nunziante è stata rappresentata in Roma nell’Oratorio del Caravita, nel 1983. Altre messe in scena sono state allestite a Vicenza a Palermo, ad Alcamo, Gibellina, Monterosi, Pomezia, Albano Laziale, Castellamare del Golfo e ancora Roma, per citarne solo una parte. Una particolare messa in scena fu allestita alla presenza del Cardinale Pappalardo e dei vescovi siciliani presso l’Istituto delle Suore Orsoline di Roma.
Il testo si basa sulle ricerche esperite su numerose raccolte di usi e costumi e canti popolari siciliani, (autori De Martino, Pitré,Vigo, Cocchiara) che hanno per tema la nascita, la sacralità, la condivisione, il distacco, la lontananza, la morte, la rinascita ,essenza vivificante dei misteri portati in processione nelle festività religiose e creano il momento del massimo pathos. Nelle processioni lo spazio è sacro in tutto l’orizzonte esistenziale ed esse facilitano l’accesso alla dimensione mitico rituale. Spazio del sacro e sacralità dello spazio. Giorno dopo giorno sfilano le confraternite e per prime quelle di formazione più antica, svolgendo i confrati la loro funzione di mimi, narratori, attori del dramma mentre portano in corteo i gruppi dei misteri e rappresentando essi stessi le varie fasi. Lo stesso spirito pervade i diversi momenti di questi misteri in oratorio. Tutto è in primo piano davanti a chi assiste in un prisma di luci, colori, musica, voci e gesti.
Rappresentiamo e siamo noi i gruppi lignei che uscivano dalla chiesa matrice e da tutte le altre e si incontravano ai quadrivi dei paesi, inchinandosi, mossi da raffinati congegni le braccia e il capo, davanti alla devozione del popolo che si assiepava e li seguiva nel viaggio che ha inizio nell’attesa, e prosegue lungo il cammino della vita che è il nostro cammino, oltre che quello di Cristo, dei suoi seguaci, della Madre, di Giuseppe. In questa scena unica e molteplice tempo sacro e profano sconfinano l’uno nell’altro.
C’è l’eco di una varietà complessa di pratiche e riti dovute sia a motivi storici di adeguamento dal rituale giudaico a quello cristiano sia allo spirito competitivo dei locali cleri e confraternite che sfociano in un sincretismo drammatico. Qui il pun to centrale è il rituale delle diverse fasi che determinano l’Annuncio ad una fanciulla sbigottita stupefatta che “sapiri e ben sapiri vurria comu su’ facta digna” e vuole le sia mostrato “il mondo chi ci aspicta”. Molti di questi canti sembrano avere appena abbandonato il latino, non riescono ancora a staccarsene.
Un tempo “circolare” com’è il tempo sacro trova la sua fine, nel punto in cui ha inizio. Il rituale da Natale in poi, assume un movimento dall’interno verso l’esterno, prima nelle case e poi fuori, nei villaggi, nelle campagne. L’apertura d’orizzonte dello spazio sacrale è parallela allo sviluppo o maturazione dei semi, nel sottosuolo. Per quanto riguarda l’uso delle marionette nelle sacre rappresentazioni non è cosa inventata da ”i vastasi di v.s.” E’ molto più antico di questa Associazione. Si è solo cercato di non far emergere in primo piano l’idea di una forza inumana estranea che prevarica gli uomini e li trasforma in fantocci manovrati. L’idea è quella del coinvolgimento mutazione divenire di tutte le parti in causa eliminando dal buio quanto è pauroso e congelato e trasformandolo in luce di gioia.
Uno degli allestimenti accadimento ha previsto il Tamburinaio che va in giro per le strade e annuncia e fa il cunto. La musica che accompagna la musicalità del vernacolo siciliano è registrata. Due ninaredde sono cantate in modo suggestivo dal vivo. Il testo originale dei canti è in siciliano antico e ripetuto in italiano nei punti a nostro avviso, meno chiari. Ci siamo assunti la responsabilità di “tradurre” alcuni canti per la comprensione di un vernacolo difficile come quello siciliano, anche perché questi canti provengono da diversi paesi della Sicilia.
Non avevamo tenuto conto della melodiosità della lingua parlata in montagna o in collina, nelle campagne o in città o in riva al mare e ne è risultato uno spartito musicale suonato da una molteplicità di strumenti sfumati risonanti e uniti nella forza di un’orchestra soggetta alla forza trainante del vernacolo. E così, taluni termini che, a nostro avviso avrebbero reso difficile poter seguire il testo, sono divenuti timbro, pause, chiave, ritmo, colore :in una parola le note. Per rendere viva La lettura rappresentata alla quale si fa cenno il mistero dell’Annunciata e quello dell’Ecce Homo sono ispirati agli omonimi dipinti di Antonello da Messina, gli altri alla tradizione e ad opere rinascimentali.